Thomas Christopher Lewis è noto ancor oggi per l’eccellenza tonale e costruttiva dei propri strumenti. Lewis fu fermo sostenitore dell'organo romantico nella tradizione classica, combinando - in una mirabile sintesi personale britannica - le moderne tonalità tedesche e francesi. Una concezione peculiare che fu il frutto, non di meno, di un attento e meticoloso studio degli strumenti realizzati dal tedesco Edmund Schulze e da Aristide Cavaillé-Coll.

La visione di Lewis riguardo al bilanciamento dei fondi era quella comune in Francia ed in Germania nell'Ottocento: bassi modesti nella forza, ma assai chiari nel tono. Abbastanza simile anche l’impiego della mixture, preferibilmente al Great Organ piuttosto che sullo Swell.

Le descrizioni fatte da Lewis dei registri designati per i suoi strumenti sono estremamente indicative:

«Open Diapason — pieno, morbido, brillante e dal tono possente... Geigen principal – registro tedesco, chiaro ed eloquente... Lieblich Gedact – peculiare negli organi di Schulze di Paulinzelle in Germania... Dulciana – il suo tono è estremamente sottile, delicato e leggero... Viole de Gambe e Flûte Harmonique – entrambi registri francesi.»

Nei suoi organi i registri labiali dominano sempre le ance; esse, cioè, aggiungono intensità pur restando, per così dire, in secondo piano nell’intera impalcatura sonora – in antitesi, ad esempio, rispetto al suo principale concorrente, Henry Willis. Ancor oggi i suoi lavori sono noti per i loro bell-like Diapason, per i deliziosi flauti, i bassi potenti ed ance chiare seppur a bassa pressione. Ne consegue una concezione assolutamente originale dello strumento che, senza possedere il ruggito della tradizione tedesca o il fuoco tipico di Cavaillé-Coll, raggiunge però una grandezza di effetto ed una integrità musicale assoluta.

Ciò che sicuramente colpisce chiunque ascolti gli strumenti di Lewis è il perfetto equilibrio e la strabiliante combinazione tra la dolce eleganza di ogni singola voce e la ricchezza orchestrale che si dipana dalle voci più lievi — davvero squisite — fino alla stupefacente magnificenza del “tutti”: una vera e propria bell-like grandeur.